Nelle parole dello stesso René Magritte: “le cose invisibili possono essere visibili. Se qualcuno sta cavalcando attraverso una foresta, prima lo vedi, poi non lo vedi, ma sai che è lì; nel dipinto La firma in bianco, l’Amazzone nasconde gli alberi e gli alberi la nascondono a loro volta. Tuttavia, il nostro pensiero abbraccia entrambi, il visibile e l’invisibile e uso la pittura per rendere visibile il pensiero“.

Renè Magritte” La firma in bianco”, 1965, National Gallery of Art Washington
A dire il vero, il dipinto riflette sulla frammentazione della visione su due diversi livelli: nella realtà e nelle convenzioni della rappresentazione.
In realtà una figura situata al di là di una rete, o come qui un cespuglio di foglie, ci viene mostrata per frammenti, ma non abbiamo dubbi sulla sua unità: infatti, ci sembra di vederla intera.
I termini della questione sono diversi quando ci troviamo di fronte a una rappresentazione bidimensionale, in cui ciò che sta davanti è dipinto su ciò che sta dietro e viceversa (quindi, la figura dell’Amazzonia appare qui dipinta su un unico tronco d’albero).
Questo dipinto fonde i due problemi in un’unica immagine, che riesce a infrangere le regole su cui entrambi si basano. Ma la visione è comunque interessante, perché presuppone che la realtà (o meglio, la visione che abbiamo di essa) non sia altro che un’astrazione.